NOTAV cronache dalla Val di Susa

2006
No Tav Cronache dalla Val di Susa
ed. Carta Intra Moenia Roma
pag 138
Esaurito

Presentazione di Pierluigi Sullo

Cronaca di una lotta che ha preso avvio nei primi anni Novanta e dopo il 2005 e i fatti di Venaus si è imposta all'attenzione dei media nazionali ed esteri Un diario che permette di capire e conoscere la comunità valsusina

 

Se vi siete chiesti come mai i grandi media abbiano parlato della Val di Susa come di un problema di ordine pubblico, di un rigurgito di egoismo locale, di chiusura e ignoranza di montanari estranei alla modernità, e se vi è venuto il sospetto che queste spiegazioni sono per lo meno inadeguate, allora questo libro fa al caso vostro.
E la cronaca di una battaglia che ha preso avvio nei primi anni novanta e che in queste ultime settimane ha conosciuto un forte rilievo nazionale.
Un diario che permette di capire e di conoscere a fondo il perché di una lotta in cui non sono in gioco gli interessi della sola comunità della Val di Susa, ma un patrimonio
di valori ambientali, economici e sociali che coinvolgono l'intero Paese.

Introduzione
di Pierluigi Sullo

II legame tra Chiara Sasso e Carta è uno di quei miracoli di cui è ritmata l'avventurosa storia del nostro "mezzo di comunicazione sociale" orgogliosamente indipendente, pericolosamente autofinanziato e ostinatamente autogestito. Ad ogni svolta, sobbalzo ed eruzione della società italiana, negli anni recenti, la nostra inesistente rete di corrispondenti professionali ha inciampato in modo apparentemente casuale in una persona che riassumeva in sé la voglia e la preziosa capacità di raccontare con l'esperienza diretta di quel che raccontava. Potrei fare nomi e cognomi, ma è sufficiente citare un po' a caso luoghi e circostanze: il Forum sociale europeo di Firenze e le campagne toscane per l'acqua e contro la guerra; l'insurrezione di Scanzano e della Basilicata contro il deposito di scorie nucleari; le retate consentine contro "sovversivi" e altri disturbatori della quiete; il rifiuto di calabresi e messinesi del Ponte sullo Stretto; Venezia e le sue molte piaghe, ivi incluso il "Mose"; il terremoto nel Molise; l'acqua di Napoli e altre matasse sociali; le Marche che guardano a est; la Roma da basso e i movimenti per la casa e il nuovo Piano regolatore. Eccetera.
Chiara l'ho conosciuta a causa della sua generosità schiva. Un giorno mi telefonò una signora dal Piemonte per dirmi che aveva letto un mio librino dedicato alla vita e alla morte di un giovane marocchino, finito annegato nel Po con le manette strette ai polsi: il libro si chiama "Guerre minime" ed è edito, va da sé, da Intra Moenia. Per me, quel racconto, e il lavoro di indagine che lo precedette, nel 1996, rappresenta in modo simbolico l'abbandono del giornalismo "militante" e l'aspirazione a un giornalismo "sociale": è stato, per certi versi, una premessa necessaria per avviare - insieme ai miei compagni Anna Pizzo e Marco Calabria - il mensile e poi settimanale Carta. Il librino, a parte alcune recensioni, fu accolto da un silenzio plumbeo, nonostante vi si documentassero le illegalità, le complicità e il razzismo sostanziale - anche di amministratori torinesi del centrosinistra - che avevano concorso alla atroce mone di Khalid Moufaguid.
Come c'entra, questo? Beh, Chiara mi telefono e mi chiese di partecipare a una serata torinese [insieme a Marco Revelli, che del libro aveva scritto la postfazione] per presentare e discutere il libro. Serata che si fece nel teatro di un centro islamico [ma era prima dell'I1 settembre, lo dico ironicamente] e, con mio grande imbarazzo, con attori che leggevano brani del testo. Fui molto grato a Chiara, ovviamente.
Poi facemmo Carta, passo qualche anno. E un giorno Chiara mi mandò una delle sue mail laconiche che si chiudono sempre con una firma sincopata: "Ch". Disse che lavorava per la Rete dei comuni solidali, che in un certo paese in Sicilia... Pubblicammo il suo bel racconto dal paese delle Madonie. E nel frattempo l'ormai decennale lotta della Valle di Susa - io non sapevo nemmeno che lei abitasse là - cresceva e cresceva. Dunque fu naturale chiederle - ma non so se fummo noi a chiedere o lei a proporre, o tutù due le cose insieme - di raccontarci quel che accadeva. E lei depositava nella posta elettronica brevi racconti, riepiloghi e ritratti di cittadini No Tav [è stato Luca Mercalli, meteorologo e amico di Chiara, a dire in tv: "Non manifestanti, ma cittadini"].
Si capisce che se una persona partecipa alla vicenda della Val di Susa fin da quando erano quattro amici a dirsi "ma 'sta Tav non si potrebbe evitarla?", e se questa persona ha scritto libri interi non solo sulla storia del supertreno, ma sul prete partigiano che diede inizio con una messa alla Resistenza, nel '43, sulle mucche che non mangiano cemento [insieme a Mercalli, appunto], su molte vite minime che fanno la sostanza della vita stessa, sui molti Khalid di ogni colore della pelle, religione ed età, allora capirsi viene facile. Credo che lei apprezzi il nostro lavoro, che qualche volta è ancora un po' troppo "politico", mentre noi siamo grati di poter pubblicare quel che ci sta più a cuore: un dettaglio come quello del sentiero dei partigiani che permise, quella volta della trivella in cima al monte, di precedere la polizia; o la storia di Giacomino, calabrese trapiantato nella valle, suonatore di zampogna e cittadino che tentò di affratellarsi con i suoi paesani in divisa e finì per prendere le botte.
Dovete sapere, cari lettori, che nel lavoro nostro siamo dei privilegiati, nonostante le fatiche e i pochi soldi. Perché noi mettiamo in scena, per quel che sappiamo fare, la vita degli esseri umani, semplicemente, e se capita un'amica come
Chiara lo facciamo anche in modo eccellente. E il privilegio, in due tappe successive e puntuali, consiste nel leggere il linguaggio stereotipato, congelato attorno a simboli buoni per i sondaggi d'opinione, dei "grandi" media e dei politici, e nel dirci che insomma, diavolo, noi siamo molto più bravi; e, secondo, che quando poi capita di incontrare le persone di cui si è scrìtto, si vede la luce dell'amicizia nei loro occhi, ti porgono la mano dicendoti "ah, tu sei quello che ha scritto...", e non è solo una questione di partigianeria [benché questa parola non ci dispiaccia affatto], ma di onestà nell'accostarsi, impugnando una penna, alle persone e al loro modo di stare insieme.
Ecco dunque perché non solo è naturale, per noi, ma una grandissima soddisfazione, poter offrire un libro come questo. In cui naturalmente c'è la grande questione di cui la Valle di Susa è divenuta simbolo e che è la lotta tra la vita e l'economia, tra la democrazia di chi decide e la democrazia di chi partecipa. Ma, leggendolo, vi chiederete anche se il ristabilire la giusta priorità tra la società e il suo ambiente da una parte, e la "crescita" e lo "sviluppo" dall'altra, non comporti di conseguenza un'altra narrazione, fatta con parole amichevoli, con uno stile asciutto e perciò denso di quel sentimento che la riduzione di noi tutti a clienti e consumatori principalmente minaccia: la fratellanza.